L’intelligenza artificiale non è (più) un territorio riservato a chi ha grandi budget o interi team di data scientist. Oggi esistono strumenti accessibili, scalabili e pronti per essere sperimentati anche da piccole realtà imprenditoriali.
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha smesso di essere una tecnologia riservata ai centri di ricerca e alle grandi aziende dell’hi-tech, per diventare una risorsa accessibile anche alle piccole e medie imprese. Oggi, anche una PMI può integrare soluzioni basate sull’AI per migliorare i propri processi, risparmiare tempo e risorse, e offrire un’esperienza più personalizzata ed efficiente ai clienti.
Eppure, al di là dell’hype che circonda il tema, l’AI rappresenta una leva ancora poco sfruttata nel tessuto imprenditoriale italiano. E sono i numeri a dimostrarlo. Il mercato italiano dell’AI è indubbiamente in forte espansione. Nel 2024 ha superato il miliardo di euro e, secondo le stime, è destinato a raddoppiare entro il 2027, raggiungendo un valore di oltre 1,8 miliardi di euro. Tuttavia, secondo il rapporto “The AI Market in Italy” di Anitec‑Assinform, questa crescita è però disomogenea. Infatti, il tasso di adozione dell’AI in Italia è ancora maggiormente concentrato nelle grandi imprese (24,1%), mentre tra le PMI si attesta sotto l’8%, ben lontano dalla media europea e da paesi come la Germania dove raggiunge circa il 20%.
Ma non è solo una questione di investimento, quanto piuttosto di cultura digitale diffusa. In molte realtà, soprattutto nelle aree meno industrializzate, mancano le competenze necessarie per comprendere e adottare le tecnologie emergenti. Ed è chiaro che questo contesto limita fortemente la capacità di cogliere le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale.
Ad ogni modo, i segnali incoraggianti non mancano. PMI innovative e startup stanno svolgendo un ruolo chiave: sono oltre 300 le aziende italiane focalizzate su AI e machine learning, ben il 47% dell’intero comparto tech. Cresce inoltre l’interesse da parte del settore manifatturiero, che sta sempre più integrando l’AI per ottimizzare processi, ridurre impatti ambientali e sviluppare nuovi modelli di business.
Dove l’AI può fare davvero la differenza: alcuni esempi pratici e strategici di applicazione
Molto spesso si parla di intelligenza artificiale in modo astratto, come se fosse una tecnologia riservata a pochi o applicabile solo in contesti iper-digitalizzati. In realtà anche per le piccole e media aziende esistono già soluzioni accessibili che rispondono a problemi concreti, dalla gestione dell’inventario alla pianificazione della produzione, dall’ottimizzazione energetica all’analisi dei dati di vendita.
Quello che serve non è (solo) investire in tecnologia, ma porsi delle domande specifiche: dove possiamo migliorare? Dove sprechiamo tempo, risorse, opportunità? Ed è in queste aree chiave che l’AI può diventare un alleato davvero efficace.
Dati che guidano le decisioni
L’intelligenza artificiale, applicata alla business intelligence e all’analisi dei dati, consente di trasformare informazioni grezze in strumenti predittivi al servizio delle decisioni. E oggi, anche senza infrastrutture complesse, è possibile accedere a sistemi di forecasting accurati, con cui ad esempio, prevedere con maggiore accuratezza la domanda stagionale e ottimizzare l’intera catena produttiva.
Un esempio concreto è il Predictive Demand Forecasting, un modello di machine learning già adottato da diverse aziende nei settori moda, luxury, food & beverage ed e-commerce multi-categoria. Oltre a supportare una pianificazione più mirata della produzione e delle vendite, ha permesso di affinare le previsioni, ridurre le eccedenze e le rotture di stock, migliorando così l’efficienza complessiva della supply chain.
Ma esistono tanti altri modelli di forecasting applicabili a tanti altri settori. Il Predictive Maintenance per la riduzione del downtime per esempio, un sistema che prevede la probabilità di guasto per asset critici basandosi su dati storici e sensori, consentendo interventi mirati pochi giorni prima del verificarsi di un potenziale e soprattutto costoso problema agli impianti.
O ancora l’Energy-Cost Optimizer per il settore Retail e Manufacturing leggero, un sistema di machine learning in grado di prevedere l’affluenza dei clienti, le condizioni meteo e le tariffe energetiche, per regolare in tempo reale climatizzazione e illuminazione. È una soluzione già adottata in contesti come il retail di lusso, le catene food & beverage, gli showroom automotive o le reti di filiali bancarie, che consente risparmi energetici significativi sin dalla prima bolletta, senza compromettere l’esperienza del cliente.
Il ruolo dell’AI nel customer journey
Anche la relazione con il cliente è un terreno fertile per l’applicazione dell’AI. Sempre più aziende stanno adottando chatbot intelligenti, sistemi di analisi del sentiment e soluzioni predittive che permettono di personalizzare l’esperienza di acquisto e automatizzare il supporto. Tuttavia, molte realtà gestiscono ancora il servizio clienti in modo artigianale, con tempi di risposta lunghi, comunicazioni frammentate e una limitata capacità di adattarsi alle esigenze del singolo. Eppure, è proprio qui che si gioca una parte cruciale della competitività, soprattutto in contesti dove l’esperienza fa la differenza. E alcuni casi concreti mostrano già risultati tangibili.
L’Hospitality Experience Orchestrator, basato su agenti AI, è stato adottato nel retail e nell’hotellerie per gestire l’intero customer journey, dalla prenotazione al post-vendita. In questi contesti, la capacità di raccogliere e analizzare dati comportamentali ha reso possibile anche una segmentazione più fine dei clienti, migliorando le strategie di fidelizzazione e le comunicazioni mirate.
E anche per i punti vendita fisici esistono sistemi integrati in grado di ottimizzare simultaneamente l’esperienza del cliente e l’efficienza operativa. L’In Store Experience & Inventory Optimizer per esempio combina modelli di machine learning per prevedere affluenza, conversioni e rotazione scorte, knowledge graph per collegare prodotti e dati cliente, e Gen AI per fornire raccomandazioni personalizzate a store manager su assortimento e layout. Un nuovo modello di relazione più efficiente per l’azienda e più rilevante per il cliente.
Fare di più, con meno: l’automazione intelligente
In tantissime aziende succede che gran parte del tempo viene assorbita da attività ripetitive che non solo rallentano l’operatività quotidiana, ma aumentano il rischio di errore e tolgono risorse preziose ad attività strategiche.
L’automazione intelligente, che unisce Robotic Process Automation e AI, consente oggi di alleggerire queste aree in modo concreto: dall’estrazione automatica di dati da PDF alla riconciliazione ordini-fatture, dalla classificazione di email o immagini al controllo qualità tramite visione artificiale.
Tra le soluzioni già adottate troviamo per esempio la Federated Predictive Maintenance Platform, che collega macchinari critici in diversi stabilimenti mantenendo i dati locali e condividendo solo le conoscenze (appunto il cosiddetto federated learning), migliorando la precisione e preservandone la riservatezza.
Oppure il Regulatory Radar & Executive Brief Generator, un sistema che monitora in automatico normative europee e di settore, generando sintesi operative per il management: meno tempo perso in ricerche, maggiore rapidità decisionale, meno rischi di non conformità.
Dall’hype alle hallucinations è un attimo: come usare l’AI in modo consapevole
L’intelligenza artificiale, e nello specifico i modelli di linguaggio di grandi dimensioni e le tecnologie generative, possono produrre risposte apparentemente coerenti e plausibili, ma che in realtà sono errate o addirittura inventate. Questi fenomeni, noti come “allucinazioni” o “hallucinations” rappresentano una delle principali sfide nell’adozione dell’AI in contesti aziendali. Le conseguenze possono essere significative: dal rischio di decisioni sbagliate a possibili danni reputazionali o responsabilità legali, con un impatto diretto sulla fiducia nei sistemi.
Le cause delle allucinazioni sono molteplici: limiti intrinseci dei modelli, dati di addestramento non sempre perfetti, assenza di fonti affidabili e processi di “confabulazione” automatica.
Quindi cosa fare? Per garantire l’affidabilità delle soluzioni basate su AI, è essenziale adottare strategie di mitigazione che combinino la potenza dei modelli generativi con sistemi più strutturati di conoscenza.
Dunque l’inserimento di controlli umani nel processo decisionale, l’uso di tecniche che ancorano le risposte a documenti specifici e la definizione di una governance interna robusta, si rivelano fondamentali per garantire l’affidabilità e la trasparenza delle soluzioni AI. Non si tratta di rinunciare all’intelligenza artificiale generativa, ma di usarla in modo consapevole e responsabile, garantendo un controllo umano rigoroso che verifichi i risultati e impedisca di affidare ciecamente all’AI decisioni critiche.
Ma come passare dalle intenzioni all’azione?
Una possibile roadmap per le PMI che vogliono davvero mettere in pratica l’intelligenza artificiale può partire da alcuni passaggi chiave indicati da McKinsey e dalla Commissione Europea nei loro report sul tema.
Prima di tutto, è fondamentale sensibilizzare il management, organizzando workshop e confrontandosi con casi d’uso concreti. Poi si può passare a piccoli progetti pilota, che permettono di testare l’AI su ambiti specifici senza grandi investimenti iniziali. Se questi esperimenti funzionano, si può scalare l’adozione estendendo le soluzioni e monitorando risultati e obiettivi. Infine, è importante mettere in piedi una governance interna solida, definendo linee guida e formazione per i team, così da integrare strumenti facili da usare, anche no-code.
L’adozione dell’AI dovrebbe essere un percorso progressivo, che richiede visione, governance e responsabilità. Le tecnologie ci sono, i casi concreti anche. La vera scelta è tra subire il cambiamento o guidarlo.