PMI italiane: quale futuro le attende tra sfide e opportunità di crescita?
Le PMI italiane si trovano di fronte ad alcune sfide cruciali: dalla carenza di competenze manageriali al passaggio generazionale, passando per la necessità di innovare e accedere a nuovi capitali. Per restare competitive e sopravvivere, è necessario affrontare questi ostacoli con una visione strategica e una gestione più moderna, evolvendo per non rimanere indietro in un mercato in continuo cambiamento.
Le PMI italiane stanno perdendo terreno. Anche se rappresentano ancora il 97,4% delle imprese e oltre la metà dei posti di lavoro privati, il loro peso economico è in calo. Nel 2012 le aziende con meno di 49 dipendenti generavano il 49% del fatturato complessivo, mentre nel 2022 sono scese al 42%. Nel frattempo, le grandi imprese hanno aumentato il proprio peso sul mercato, passando dal 32% al 37% (Fonte: dati Censis/Istat). Questo indica che il Paese sta passando da un modello in cui il valore era creato dalle piccole imprese, a uno in cui sono le grandi aziende a produrlo.
Le ragioni? Tanti fattori insieme: difficoltà nell’innovare, accesso limitato ai finanziamenti, problemi nel passaggio generazionale, una burocrazia ancora troppo pesante. Ne consegue che molte PMI fanno fatica a competere con aziende più strutturate, sia in Italia che all’estero.
Ma crescere non è più un’opzione, è una necessità. Per le PMI italiane, rimanere piccine, rischia di significare rimanere fragili. Ma cosa è davvero necessario per crescere?
L’importanza della managerializzazione.
Le PMI italiane faticano a trovare professionisti qualificati, un problema che frena la loro crescita e innovazione. La mancanza di competenze manageriali è un ostacolo, perché oggi servono abilità avanzate nella pianificazione finanziaria, nella gestione dei rischi e nell’ottimizzazione delle risorse.
Secondo Il Sole 24 Ore, solo 3 PMI su 5 dispongono di competenze manageriali adeguate, mentre solo il 9% possiede un buon livello di abilità digitali.
La managerializzazione permette alle PMI di sviluppare strategie di crescita sostenibile, migliorare l’efficienza operativa e adattarsi più rapidamente ai cambiamenti del mercato. Senza una leadership strategica e un’organizzazione interna ben strutturata, diventa difficile affrontare la concorrenza globale e le sfide legate all’innovazione.
L’orientamento al prodotto, sebbene essenziale, non basta più. Tante aziende offrono ottimi prodotti e servizi, ma solo quelle che introducono manager qualificati e strumenti di governance crescono più velocemente e in modo più solido.
Visione industriale chiara e sostenibile.
La definizione di un piano strategico condiviso e sostenibile è essenziale per attrarre partner seri e orientare le decisioni di crescita. Permette di identificare le aree su cui investire, che si tratti di innovazione, digitalizzazione o internazionalizzazione, e spesso – perché no – di rivedere il proprio modello di business in modo più coerente con le trasformazioni del mercato.
In questo scenario, le operazioni di M&A si rivelano cruciali. Permettono infatti alle aziende più dinamiche e lungimiranti, un accesso più rapido a nuove competenze e tecnologie, una diversificazione del business e soprattutto una maggiore solidità finanziaria, aumentando produttività e possibilità di distinguersi in mercati competitivi.
Si può dire che “unire le forze” è spesso la strada più efficace per crescere rapidamente. Permette di consolidare risorse, ridurre rischi e acquisire vantaggi competitivi che non sarebbero altrimenti facilmente raggiungibili.
Più capitali, più investimenti.
Senza capitali, la crescita delle PMI resta un’utopia. Ma il 2024 ha segnato un punto di svolta. Secondo il 7° Quaderno di Ricerca sulla Finanza Alternativa per le PMI in Italia, nei primi sei mesi dell’anno sono stati investiti 494 milioni di euro in 193 operazioni di finanziamento. Numeri che confermano un mercato in fermento.
Ma da dove arrivano questi capitali? Le vie sono molte, e il private equity e il venture capital giocano un ruolo da protagonisti. Il 2024 ha visto una crescita impressionante: quasi 15 miliardi di euro investiti (+83% rispetto al 2023) e una raccolta fondi di 6,67 miliardi (+77%). A trainare il settore sono stati dieci “large deal” e sei “mega deal“, che da soli hanno mosso 8,8 miliardi (Fonti: Borsa Italiana, Fundstore). Numeri che raccontano un mercato maturo, capace di attrarre investitori pronti a scommettere sulle imprese italiane.
Ma non c’è solo il capitale finanziario. I Club Deal e gli investitori industriali portano con sé non solo fondi, ma anche competenze strategiche. Unire capitali e know-how significa non solo crescere, ma farlo in modo intelligente, con il supporto di chi conosce il settore e può accelerare il percorso di sviluppo.
E il pubblico? Anche lo Stato fa la sua parte. La Nuova Sabatini, rifinanziata con la Legge di Bilancio 2025, mette sul piatto incentivi per chi investe in beni strumentali e digitalizzazione: 400 milioni di euro per il 2025, 100 milioni per il 2026 e 400 milioni annui dal 2027 al 2029 (Fonte: Mediantes).
Il passaggio generazionale.
In ultimo, ma non certo per importanza, il passaggio generazionale, altro tema scottante per molte PMI italiane. Infatti ben oltre 500.000 imprenditori italiani hanno più di 70 anni, e molte delle loro aziende non hanno ancora un piano di successione chiaro. Il rischio è dietro l’angolo: senza una gestione strutturata, intere realtà produttive potrebbero scomparire, buttando all’aria competenze e valore costruiti in decenni.
Ma il passaggio generazionale non deve essere visto esclusivamente come un problema da risolvere, perché può trasformarsi in un’opportunità di crescita. Sempre più aziende scelgono di affiancare manager esterni o partner finanziari per garantire continuità e, al tempo stesso, innovazione. In alcuni casi, il ricambio generazionale è il momento ideale per rivedere il modello di business, modernizzare la governance e aprirsi a nuovi mercati.
Il futuro delle PMI italiane non si gioca solo sulla capacità di attrarre capitali, ma anche su quella di gestire il cambiamento. Le aziende che sapranno affrontare con lungimiranza il tema della successione non solo avranno più chances di sopravvivenza, ma diventeranno più forti e competitive.
Guardare avanti…
Le PMI italiane non possono più permettersi di essere solo reattive. È il momento di diventare proattive, strutturate e attrattive. Non si tratta solo di dimensioni, ma di ambizione e preparazione.
Il modello della piccola impresa diffusa ha fatto grande l’Italia, ma oggi non basta più. Servono dimensione, organizzazione e risorse per affrontare un mercato sempre più complesso. Essere piccoli non è un problema, restarlo troppo a lungo, forse, sì.